venerdì 24 maggio 2013

Il documentario della Tacconi Sud arriva a New York e conquista il podio


E’ una storia tutta italiana quella che approda a New York e che conquista pubblico e giuria ottenendo il Premio Miglior Documentario al Workers Unite Film Festival. Una storia che parla della crisi del lavoro ma anche di coraggio, resistenza e speranza, perché c’è chi immagina un futuro diverso. E riesce a costruirlo davvero. Il documentario è Women Workers’ War, la versione internazionale di Atlantis, firmato dal regista Massimo Ferrari che ha raccontato la più lunga occupazione femminile nella storia italiana: quella della Tacconi Sud di Latina. Un presidio durato 550 giorni e altrettante notti, trascorse dalle operaie nel silenzio irreale di uno stabilimento vuoto che i proprietari hanno deciso di chiudere. Dopo 20 anni di lavoro in fabbrica, alle 29 operaie dello stabilimento tessile, senza nessun preavviso, viene recapitata una lettera di licenziamento. E’ la vigilia di Natale del 2010. Poche righe per cancellare tutto. Ma da quel momento inizia un'altra storia, quella di una lunga resistenza civile. Da una parte c’è Rosa Giancola, operaia della Tacconi Sud, che guida le sue colleghe in questa battaglia, cercando di condurre una nave ormai alla deriva in un porto sicuro. E’ lei che consegna alle pagine di Facebook un diario di bordo che diventerà inconsapevolmente un diario pubblico sulla crisi, un’analisi lucida su quanto accadeva in Italia mentre qualcuno, dai Tg nazionali, continuava a ripetere che i ristoranti erano pieni e che la crisi non la avvertiva nessuno.

Rosa Giancola incontra Margherita Dogliani

Mi chiamo Rosa Giancola, sono un operaia della Tacconi Sud. Questa è la seconda notte di presidio all’interno della fabbrica. La prima è passata in bianco con lo sguardo sempre verso il cancello per paura di uno sgombero con la forza. Insieme a me le colleghe, qualcuna parla con il figlio più piccolo, e solo come una mamma sa fare spiega a quest’ultimo, perché “la mamma non dorme a casa stanotte”. Si salutano dandosi il bacio della buonanotte per telefono. Non avevamo mai ascoltato la nostra fabbrica di notte; un silenzio irreale avvolge il luogo dove ogni giorno per vent’anni abbiamo lavorato e condiviso le nostre vite. Siamo qui nella speranza che questo gesto pieghi l’incuranza e la strafottenza del nostro datore di lavoro ai suoi doveri di persona per bene. Siamo qui nella speranza di non essere dimenticate. Riflessioni notturne le mie, mentre penso se riusciremo a resistere, se e per quanto tempo non sarà stato inutile tutto questo.
Rosa Emilia Giancola, operaia della Tacconi Sud (20 Gennaio 2011)

Dall’altra c’è Margherita Dogliani, titolare della Dogliani di Carrara, “la fabbrica che sforna dolci e produce pensiero”. Margherita ha deciso di dare alla sua azienda un’impronta diversa. Ha pensato di andare oltre la logica del profitto, ha aperto le porte alla cultura e ha dialogato con le sue operaie. Margherita legge per caso i diari di Rosa su Facebook. Le due donne si incontrano e ognuna visiterà l’azienda dell’altra, confrontando due esperienze di lavoro tanto diverse e scambiandosi riflessioni e sensazioni. «Senza saperlo abbiamo scritto una pagina di storia italiana – commenta Rosa Giancola, ex operaia della Tacconi Sud, ora consigliera della Regione Lazio – raccontando il lavoro da un punto di vista differente, che andava oltre gli stereotipi della lotta. Non sarà sfuggito al pubblico di New York che mentre le tv erano intente a raccontare il “Ruby gate”, in Italia gli operai salivano sui tetti, occupavano le fabbriche, protestavano. Nel documentario di Massimo Ferrari c’è un passaggio storico che inconsapevolmente registravamo con una sonda dall’interno della nostra fabbrica: la chiusura dell’ultima azienda manifatturiera del Lazio che occupava donne. Solo a posteriori abbiamo assegnato un significato a tutto questo, accorgendoci che registravamo i segnali di un fenomeno che oggi è sotto gli occhi di tutti». «La gestazione di questo documentario è stata molto lunga e intensa – spiega il regista Massimo Ferrari - Abbiamo cominciato a girare dalla fine del 2011 e poi nel corso del 2012 a Latina, all’interno della fabbrica “Tacconi Sud” occupata. Poi abbiamo scoperto la storia di Margherita e della sua "Fabbrica che pensa" a Carrara. Rosa, l’operaia a capo dell’occupazione, ha molte cose in comune con Margherita, soprattutto l’idea di ribellarsi allo “status quo”, di non accettare il mondo e i suoi processi per quello che sono, ma di provare a trasformarli e a determinarli. Forse il successo del documentario, il riscontro che ha avuto anche a New York con il premio, nasce proprio da questo. Da questa forza ideale contro qualcosa che sembra invece ineluttabile. E penso che, pur parlando di storie che nascono in due piccole province italiane, abbia una portata universale». Il documentario Atlantis, titolo scelto per la versione italiana, è in lizza per partecipare ad altri festival internazionali e nazionali e prossimamente sarà distribuito in Italia. Alla sua realizzazione ha contribuito il Centro Studi Angelo Tomassini di Latina.
Link Workers Unite Festival: http://www.workersunitefilmfestival.org/

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