venerdì 23 novembre 2012

OI manufacturing, proclamo lo sciopero nazionale

I lavoratori della OI di Aprilia
Nei giorni si è riunito il Coordinamento nazionale unitario della OI manufacturing, multinazionale americana del vetro cavo avente 11 siti produttivi in Italia tra cui uno a Campo di Carne, nel comune di Aprilia (Latina). All’ordine del giorno, oltre all’informativa rispetto all’andamento del mercato specifico e alla strategia intrapresa dal Gruppo sulla gestione dei singoli siti produttivi in Italia ed in Europa, la recente decisione presa unilateralmente dall’azienda di fermare definitivamente il Forno fusorio 2 dello stabilimento di Aprilia assieme alle due linee da esso alimentate con la conseguente apertura di una procedura di mobilità per 35 unità (rispetto alle circa 230 complessive). La scelta dell’azienda è motivata quasi esclusivamente dai costi fissi elevati (soprattutto energetici e del personale) e da una sovraccapacità produttiva in Europa pari ad oltre 650.000 Tons. «Se sarà esclusivamente il mercato a determinare la prosecuzione delle attività nel sito di Campo di Carne - ha commentato il segretario provinciale della Filctem-Cgil di Latina Walter Cassoni - siamo a manifestare tutto il nostro scetticismo e la nostra ferma contrarietà. La logica del mero profitto che subordina il lavoro alla redditività fine a se stessa attraverso una politica dei prezzi in costante ascesa, da sempre è estranea a percorsi sociali alternativi ai licenziamenti». «Non è nostra intenzione assecondare percorsi di mobilità in assenza di reali alternative di lavoro. Piuttosto - continua Cassoni - chiediamo investimenti per poter contestualmente diversificare le produzioni ed abbattere quei costi fissi che, diversamente, aumenterebbero inesorabilmente con linee e i forni spenti». «Ci auguriamo che ci sia una alta adesione allo sciopero in programma per il 6 dicembre - conclude il sindacalista - che, oltre a dare un segnale inequivocabile all’azienda, rappresenterà solo una tappa di un percorso più vasto che va verso una risoluzione complessiva e dignitosa per tutti i lavoratori».

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