Le lavoratrici ex Gial (Foto: Ginnetti) |
Non solo la vicenda dei lavoratori Gial non è riuscita a trovare una soluzione, ma ora arriva anche l’ultima tegola con l’apertura da parte dell’azienda della procedura di mobilità. Il Gruppo che un tempo aveva uno stabilimento specializzato nella produzione di marron glacé e frutta candita presso Borgo San Michele (Latina), in vista della scadenza della cassa integrazione prevista per il prossimo 31 dicembre, ha infatti cominciato a richiedere una procedura di mobilità per 22 unità (dei 27 lavoratori con contratto a tempo indeterminato 4 sono già andati in mobilità volontaria mentre un altro lavoratore si è trasferito ad Avellino dove è presente un altro stabilimento). Le organizzazioni sindacali puntano invece a chiedere una proroga della cassa integrazione in deroga che però, considerati i tagli del Governo, sarà molto difficile ottenere. Come si ricorderà l’azienda alimentare di borgo San Michele ha chiuso i battenti nel dicembre 2010. Mentre per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato si era riusciti a raggiungere un accordo per il sostegno economico, per i circa 70 stagionali non si era potuto fare nulla. La storia dello stabilimento Gial è emblematica. Due anni fa, ai tempi della chiusura della fabbrica, le istituzioni avevano in più occasioni preso l’impegno di fare qualcosa per il rilancio del sito anche attraverso la vendita a prezzo agevolato ad imprenditori interessati. In tutti questi mesi però nessun accordo concreto è stato concluso e i lavoratori si sentono abbandonati. Le maestranze speravano nell’arrivo di un nuovo investitore disposto a rimettere in piedi una azienda che, secondo gli stessi lavoratori, non era in crisi. «I marron glacé e la frutta candita costituiscono un settore strategico - spiegavano i lavoratori nei giorni della chiusura del sito industriale - grazie al nostro lavoro venivano soddisfatti ogni anno ordini per marchi importanti come Alemagna e Motta. L’azienda ha chiuso ma la domanda c’è ancora e proprio per questo motivo non intendiamo rinunciare in alcun modo al nostro lavoro».
(Fonte: Quotidiano La Provincia)
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